I numeri chiave per guidare la PMI - Analisi del punto di pareggio (break-even point): come calcolare il fatturato minimo per sopravvivere e prosperare
Lunedì 20/10/2025
a cura di AteneoWeb S.r.l.
Per ogni imprenditore, che sia alla guida di una start-up innovativa o di una piccola e media impresa (PMI) consolidata, esiste una domanda fondamentale che risuona costantemente: "quanto devo vendere per non essere in perdita?" La risposta a questa domanda non è una semplice stima o un obiettivo vago, ma un valore preciso, calcolabile e di vitale importanza strategica.
Questo valore è conosciuto come punto di pareggio, o utilizzando il suo termine inglese universalmente riconosciuto, break-even point (BEP). L'analisi del break-even point è uno degli strumenti più potenti del controllo di gestione, poiché fornisce una chiara linea di demarcazione tra la perdita e il profitto, rappresentando il livello minimo di attività al di sotto del quale l'azienda non è sostenibile. Il concetto alla base del break-even point è intuitivo: è il punto in cui i ricavi totali eguagliano esattamente i costi totali. In questa situazione, l'azienda pareggia. Raggiungere il BEP significa quindi aver venduto una quantità di prodotti o servizi sufficiente a coprire completamente sia i costi variabili, direttamente legati alla produzione, sia i costi fissi, ovvero l'intera struttura dei costi operativi. Rating di autovalutazione PMIUno strumento semplice ed intuitivo per l’autovalutazione dei dati di bilancio delle micro, piccole e medie imprese con l’attribuzione di un RATING determinato sulla base dei principali indicatori economico finanziari, così come desumibili dal bilancio. Clicca qui per approfondire Per calcolare il punto di pareggio è indispensabile classificare i costi aziendali in due macro-categorie: fissi e variabili. La formula per determinare il break-even point in termini di quantità da vendere (BEP in unità) è la seguente: BEP (quantità) = costi fissi totali / (prezzo di vendita unitario - costo variabile unitario). La parte al denominatore, (prezzo di vendita unitario - costo variabile unitario), non è altro che il margine di contribuzione unitario. Questo valore, come suggerisce il nome, rappresenta il contributo che ogni singola unità venduta offre per la copertura dei costi fissi. La formula, quindi, ci dice quante "quote" di contribuzione sono necessarie per coprire l'intero ammontare dei costi fissi. Facciamo un esempio pratico. Immaginiamo una piccola impresa che produce sedie. I suoi costi fissi mensili (affitto, stipendi, etc.) ammontano a 10.000 euro. Ogni sedia viene venduta a 100 euro. Per produrre una sedia, l'azienda sostiene costi variabili (legno, vernice, manodopera diretta) per 60 euro. Il margine di contribuzione unitario è quindi di 40 euro (100 - 60). Applicando la formula, il BEP in quantità sarà: 10.000 euro / 40 euro = 250 unità. Oltre al calcolo in quantità, è spesso utile determinare il punto di pareggio in termini di fatturato (BEP in valore). Questo è particolarmente rilevante per le aziende che vendono molti prodotti diversi con prezzi differenti. In alcuni casi è importante non trascurare l’effetto dei cosiddetti “costi fissi a scaloni”. Tali costi si riferiscono a costi che rimangono fissi entro determinati livelli di attività, ma cambiano "a scaloni" quando si superano determinate soglie, ad esempio l'aumento del volume di produzione. A differenza dei costi puramente fissi, questi costi non sono completamente insensibili al volume, ma si modificano solo in modo non lineare al variare della produzione o dell'attività. L'analisi del break-even point non è solo un esercizio contabile, ma uno strumento strategico dinamico. Permette di simulare diversi scenari e di rispondere a domande cruciali:
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